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      GERTRUDE. Ci fa un onore.
      GIORGINA. Sarà servita Vostra Maestà.
     
     
     
      SCENA UNDICESIMA
     
      GERTRUDE e GIORGINA.
     
      GERTRUDE. Un biglietto per il Colonnello scritto cosí su due piedi che mai sarà. Se almeno sapessimo leggere! (Lo guarda.)
      GIORGINA (da sé). Senz'altro egli sa che vado a trovare Edwardo al campo... e me lo vuol far costar caro. Come mai mi avrà potuto scoprire... Eh mi ricordo che mi parlava stamane Edwardo della sua vigilanza! Ma se è furbo lui son furba anch'io: questa volta non mi coglie no, non mi coglie; chi sa cosa mi accadrebbe se arrivassi al campo... mi vengono mille idee... forse scrive al Colonnello di farmi arrestare, d'interrogarmi; non sarà certo del fallo d'Edwardo, e vorrà che io... ah no no, non son cosí semplice. (Forte.) Che cosa ne dite che debba andare sí o no? A dir il vero mi sento tutt'altra voglia che d'andar ancora sin là; non è corta la passeggiata. Sono già stata alla città stamane. Son cosí stanca! Quel paniere di frutta era cosí grave! Che mi rompeva le braccia. Non ne posso veramente piú.
      GERTRUDE. Come? Ti pare? Sarebbe bella che non facessi la commissione del re. Spicciati, spicciati che dalle sue ultime parole ho inteso che sarai largamente ricompensata.
      GIORGINA. No, signora madre, fatemi il piacere di scusarmi, proprio non me la sento. (Pensa.) Mi viene un'idea... andateci voi per me, il Colonnello vi farà quel regalo che a me destinava, e di buon cuore ve lo cedo. Fatemi questa grazia; sento che mi potrei ammalare se facessi questa camminata; poi sono pure da fare in casa molte faccende e queste non mi lasceranno in ozio; via ve lo domando per carità...
      GERTRUDE. Oh questa è bella, la madre s'ha da incomodar per la figlia.
      GIORGINA. Via ve ne prego, non me lo negate e vi sarò riconoscente a tutto potere.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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