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      SCENA TERZA
     
      GERTRUDE e DETTO.
     
      GERTRUDE (s'avanza un poco incerta). Bel giovane! (A Fritz.) Bel giovane!
      FRITZ (si volge). A me?
      GERTRUDE. Sí. Sapreste insegnarmi...
      FRITZ (da sé). Non me n'era accorto che son un bel giovine, proprio è peccato che debba andar in prigione!
      GERTRUDE. Fate il piacere d'ascoltarmi.
      FRITZ. Sí, sí, parlate bella giovine. (Da sé.) Bisogna rendergliela.
      GERTRUDE. Conoscete il Colonnello Swenberg?
      FRITZ. Se non lo conoscessi avrei presto l'occasione di conoscerlo.
      GERTRUDE. Sapreste insegnarmi come potrei fare per rimettergli questo biglietto?
      FRITZ. Credo che sarà qui a momenti. (Da sé.) Questa vecchia dovrebbe portargli qualche ambasciata del genere femminino. Sentiamo. Lo potete aspettare, già non sarà cosa di gran premura.
      GERTRUDE. Anzi credo che prema moltissimo.
      FRITZ. Al Colonnello, a chi vi manda, o a voi?
      GERTRUDE. A tutti e tre.
      FRITZ. Benissimo ma saranno premure diverse. Del resto credo che fate bene. Una donna come voi non vuol restar malcontenta, quando ha che fare con uffiziali giovani, belli, ricchi. Questi, quando si tratta di certe cose sogliono attendere anche piú che non promettono... tanto piú se per parte di qualche bella ragazza...
      GERTRUDE. Mi meraviglio; non so chi mi crediate!
      FRITZ. Eh già si sa... dico solamente...
      GERTRUDE. Dico solamente che il vostro parlare m'offende. Io non sono ragazza son vedova: ho altro per il capo che pensare a queste sciocchezze. E se ho da parlare al Colonnello, se ho da fargli ambasciate, sono quali si convengono a donna onorata come mi vanto di essere. E vi dico di piú che se non avessi ragioni forti per cercarlo, non sarei venuta ad espormi, nel campo, alle impertinenze di soldati sfacciati, ed impudenti come voi.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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