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      ROSA. Oh, quanto a questo, è il nostro dovere verso i sacerdoti... e basta che si degni istruirmi, vedrà che sarò ubbidiente.
      PADRE MELINI. Brava figliuola, brava. Dio vi benedica, fate quello che v'ho detto e questo resti fra noi come una confessione, e non lo dovete dire neppure alla signora Duchessa, che se avete fatto nascere inconvenienti per parlar troppo, dovete appunto mortificarvi nella lingua... e poi non è bene tediare con queste ciarle quella degna signora, che fa tanto bene.
      ROSA. Oh glielo prometto, saprò star zitta questa volta, e certo non mi accadrà piú... Padre, con suo permesso (Rosa gli tocca la mano, fa una riverenza all'uno poi all'altro che non risponde e Padre Melini dice sorridendo)
      PADRE MELINI. È basso di vista, povero Padre Luigi. Addio figliuola, Dio sia con voi.
     
     
     
      SCENA QUATTORDICESIMA
     
      PADRE MELINI e PADRE LUIGI.
     
      PADRE MELINI. Questo conte Ranzoni è un osso duro... Con pazienza... a poco per volta, levandogli a uno a uno tutti i puntelli, converrà bene che cada. (Sorridendo.) E nella Duchessa, se non sbaglio, dovremmo aver d'ora in avanti un'alleata zelante. Se ci si mette, è un diavolo costei.
     
     
     
      SCENA QUINDICESIMA
     
      DUCHESSA, vestita altrimenti, e DETTI.
     
      (Padre Melini e padre Luigi s'alzano con riverenza)
     
      DUCHESSA. Buongiorno, Padre Melini, mi perdoni se l'ho fatto aspettare.
      PADRE MELINI. Signora Duchessa, scusi me, invece, se forse ho scelto un'ora inopportuna.
      DUCHESSA (fa una riverenza a Padre Luigi, che non sembra avvedersene). Questo padre non credo d'aver l'onore di conoscerlo.
      PADRE MELINI. Infatti, è la prima volta che m'accompagna dalla signora Duchessa. Lo scusi, è cortissimo di vista, e non ha veduto il saluto che ha avuto la bontà di fargli. Ha sofferto molto nella casa di Novara, di dove è venuto son pochi giorni per rimettersi in salute nella nostra buon'aria.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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