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      Un umore gli si è portato al capo e gli ha preso la vista e l'udito con un impegno al cervello che gli impedisce ogni occupazione. È un'anima buona, semplice, e mi viene dato per compagno, perché per la nostra regola non si può far senza, ma è scelto appunto perché possiamo parlare con piena libertà, ch'egli poverino non sentirebbe il cannone.
      DUCHESSA. Benissimo, riconosco la solita prudenza del padre Rettore, e anch'io, quantunque la mia stima sia uguale per tutti i padri della Compagnia, non potendo però, avere uguale il grado di confidenza, preferisco esser piú libera nel parlar con lei.
      PADRE MELINI (ringrazia col capo).
      DUCHESSA. S'accomodi, padre, e creda che l'ora che ha scelta non è punto inopportuna, come diceva; anzi a quest'ora tutti sono a trottare, e non saremo interrotti. Piú tardi, invece, comincia a venir gente.
      PADRE MELINI. Tanto meglio se non disturbo la signora Duchessa. (A parte.) Lasciamola venire.
      DUCHESSA. In ogni caso, la parola disturbo non c'entrerebbe mai.
      PADRE MELINI (ringrazia col capo).
      DUCHESSA. Del resto, non avendolo veduto ieri...
      PADRE MELINI. Non ebbi l'onore di trovarla in casa.
      DUCHESSA. Infatti, m'ha detto Rosa che s'era incomodato... Aspettavo oggi la sua visita con molto desiderio.
      PADRE MELINI (solito saluto).
      DUCHESSA. Mi pare sempre ch'ella debba aver qualche buona nuova da darmi per la causa, per i buoni, per noi.
      PADRE MELINI. Eh... signora Duchessa, le buone nuove sono rare per tutti in questo mondo. Per i buoni, poi, il Signore permette che siano rarissime, e ciò per effetto della sua misericordia, onde conosciamo che questa vita è un tempo di prova.
      DUCHESSA. Certamente... ma non si può, però, a meno di desiderare che la nostra causa, che è poi quella di Dio, trionfi, e trionfino i buoni e non i cattivi.


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Racconti leggende e ricordi della vita italiana
(1856-1857)
di Massimo d'Azeglio
pagine 890

   





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