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      L'uso comune d'Italia era in quei tempi di cenare alle ventitrč: a quest'ora pertanto non si trovavano colā che pochi soldati o capisquadra seduti sulla porta al fresco, della compagnia del signor Prospero Colonna, che seguiva la fortuna di Spagna; tutti giovani arditi, che quivi cogli altri bravi dell'esercito avean costume di ripararsi. L'oste, che sapeva il suo mestiere, non lasciava mancar loro nč carte nč vino; ed essendo uomo sollazzevole e pieno di grilli, sempre piacevolmente ad ognuno diceva la sua; e cosė intrattenendoli spillava loro i danari. Stava appunto Veleno ritto sull'uscio, facendosi vento colla berretta, il grembiule alzato sul fianco; e le parole, le risa e il romore andavano alle stelle.
      Giunsero i due forestieri, e per non parer tali camminavano passo passo, fermandosi spesso e cicalando fra loro; quando furono rimpetto all'uscio, e 'l chiarore del focolare di dentro percosse loro nel volto, apparvero vestiti nč pių nč meno come ogni altro che fosse quivi. Poco badō loro la brigata quando entraron dentro; se non che uno, che era seduto pių lontano, e stando all'oscuro aveva meglio veduto costoro, non potč far che non desse in un oh! di grandissima maraviglia, e dicesse mezzo rizzandosi: il duca!... Il suono col quale fu pronunziata questa parola mostrava dovesse esser seguita da un nome; ma un leggiero volger d'occhio di colui che entrava, bastō a rimandargli questo nome in gola. Nessuno avea posto mente a questo suo sbigottimento: un solo compagno che gli era presso gli disse:


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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