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      - Se la vostra mano è leggiera nel porre una taglia come nel calare un fendente, il re cristianissimo pagherà della sua borsa se ci vuol riavere, o vi terrò compagnia il resto de' miei giorni.
      - Inigo, - disse Paredes volgendosi ad un bel giovine di venticinque anni che, aspettando la cena, avea già posto mano al pane, - se vogliamo parlare di colpi di spada, domanderemo al tuo cavallo, che sapore hanno le stoccate di questo barone.
      Poi dirigendo il discorso a La Motta:
      - M'accorgo un po' tardi che siete disarmato: eccovi la mia spada (e scingendola, la pose al fianco del suo prigione); sarebbe gran torto se un braccio come il vostro non trovasse un'elsa dove appoggiarsi. Terrete Barletta per prigione sino a cambio o riscatto. La vostra parola, Cavaliere?
      La Motta stese la destra a Paredes, che la prese e soggiunse.
      - Pei vostri compagni sia lo stesso patto. Non è vero? - E ciò disse vôlto a Correa e ad Azevedo, due uomini d'arme che avean fatti prigioni i compagni di La Motta. Risposero che eran contenti, ed ambedue colla medesima cortesia toltesi d'accanto le spade le cinsero ai baroni francesi.
      - In tavola, signori, - gridò in quella Veleno, ponendo in mezzo al desco un grave catino, ove giaceva la metà dell'agnello attorniato da cipolle e legumi, e due gran piatti all'estremità pieni d'insalata; e l'apparire della vivanda non fu meno possente della voce dell'oste a chiamare a sè l'affamata adunanza. Tutti con gran premura, spostando e rimettendo le panche, in un momento furono seduti, e all'opera; e per alcuni minuti non s'udì parola, ma solo uno strepito di piattelli, bicchieri e posate percosse.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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