Pagina (20/322)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Avvicinandosi il termine della cena, il conversare, secondo il solito, era divenuto più generale, e le risa e Il romore cresciuti in gente che avea riportato onore e profitto dalle guerresche fatiche del giorno. La fronte d'Inigo era la sola che più durava fatica a rasserenarsi. Stava egli col gomito appoggiato alla tavola, e si guardava d'intorno, poco o nulla rispondendo alle ciarle de' suoi compagni.
      - Inigo, - gli disse, stendendo verso di lui la mano Azevedo, che aveva forse votato un bicchiere più del solito, ed essendo uomo sollazzevole, mal soffriva di veder uno della brigata star sopra di sè malinconico; Inigo, si direbbe che sei innamorato, se le donne di Barletta meritassero le occhiate di un bel giovane par tuo. Ma qui, viva Dio, siamo al sicuro. Non vorrei che avessi lasciato il cuore in Ispagna, o a Napoli.
      - Non penso a donne, Azevedo, - rispose il giovane, - ma penso al buon cavallo che quel barone m'ha quasi ammazzato seguitando a menar le mani da pazzo, quando già vedeva di non poterci fuggire. Povero Castagno! la sua spalla è perduta, ho paura, e non penso d'averne mai più sotto un altro che lo valga. Ti ricordi a Taranto che cosa seppe fare questo demonio? e quando si guazzò quel fiume... non mi ricordo il nome... là dove fu ammazzato. Quinones... che l'acqua era più alta che non si pensava; chi arrivò il primo alla riva? E dopo tante prove e tanti pericoli doveva finire alle mani di questo nemico di Dio!
      - Non alzar tanto la voce, - disse Correa: - quel che è stato è stato a buona guerra: e non si deve dar carico ai prigionieri, nè conviene che odano questi discorsi.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





Inigo Azevedo Inigo Barletta Dio Ispagna Napoli Azevedo Castagno Taranto Dio Correa