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      Questo Grajano d'Asti era di que' tali che ne vanno dieci per uscio, nč bello nč brutto, nč buono nč cattivo; assai buon soldato bensė, ma che avrebbe servito il Turco se meglio lo avesse pagato. Le sostanze di Ginevra lo facevano ricco assai bene: e tanto valutava lei quanto si valuta un podere, per la rendita e non per altro.
      Passarono pių settimane. La sera potevo veder la Ginevra, che il marito non aveva nessun sospetto di me; e travagliato dalla sua ferita che molto penava a chiudersi, nč sapendone molto in fatto d'amore, aveva tutt'altri pensieri pel capo: cosė mi trovavo con lei pių spesso di prima.
      Il Valentino frattanto, volendo metter genti insieme per l'impresa di Romagna, fece capitale di Grajano d'Asti che oggimai si trovava presso a poter risalire a cavallo. Seppi come aveva attaccata questa pratica, ed alla prima furono d'accordo. Si fermō tra loro una condotta di venticinque lance, ed al marito di Ginevra parve avere bonissimi patti.
      Una sera venne il duca alla casa di Grajano per istipulare l'accordo, e fu fatto un poco di cenetta, alla quale si trovarono certi prelati francesi ed alcune lance che stavano a spasso, ed intendevano appiccarsi con costui, che accettava ognuno in quel tempo.
      Io parte pensavo offerire i miei servigi per seguire la fortuna di Ginevra con quella di Grajano; pure, non saprei dirti perchč, non mi mossi, nč mi trovai con loro quella sera. Andai, ch'era giā fatto notte, vagando ne' luoghi pių deserti di Roma sempre martellandomi il cervello con mille sospetti, e non potevo liberarmi da certi pensieri, i pių strani che avessi mai.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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