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      Le labbra diedero un piccolo tremito. Ebbi a cader morto. Può far tanto, dissi, Dio onnipotente, la tua misericordia. E le tenevo le mani ai polsi. Il batticuore mi toglieva il respiro. I polsi davano segno. Ginevra era viva!
      Ma pensa com'io mi smarrii trovandomi a quel modo. S'ella si risente, dicevo, e si trova in questo luogo, lo spavento basta a darle la morte. Non sapevo che mi fare, e smaniavo. Mi volsi colle braccia stese a quella Madonna, e la pregavo: O vera Madre di Dio! fa ch'io possa salvarla, e giuro pel tuo divin Figliuolo, che sono volti solo al bene i miei pensieri. Ed in cuore feci voto solenne di non cercar mai da lei cosa che fosse contro l'onestà, s'io riuscivo a tornarla in vita, e cancellare in tutto e sempre ogni pensiero di dar morte al marito; la qual cosa sin allora avevo avuta fissa nell'animo, e deliberato prima o poi di porla ad esecuzione.
      A questa preghiera fatta tanto di vero cuore non mancò il pietoso ajuto divino.
      Il mio Franciotto che era uscito di casa, come ti dissi, nel tornare m'avea veduto andar verso ponte, e parte immaginandosi il vero, e temendo sempre, come mi disse dipoi, ch'io non prendessi partito disperato, m'era venuto dietro. Ma, come discreto, si studiava di parlarmi o darmi disturbo meno che poteva in quei momenti, ben conoscendo che il caso mio non era da consigli, ma solo da ajuti quando venisse il bisogno. Entrò cogli altri in chiesa, e vi rimase nascosto in un angolo oscuro: e mi ha detto più volte in appresso che vistomi por mano all'arme, fu per saltarmi in sulle braccia, e stava sull'ale, per non arrivar tardi: vedendo poi che m'affannavo soltanto ad aprir la cassa, stette saldo, e solo a questo punto, conosciuta la necessità, mi si scoperse.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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