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      Erano legni viniziani che venivano di Cipri, e conducevano a Vinegia Caterina Cornaro, regina di quell'isola. Saputo l'esser nostro, non ci detter noja, e dietro loro seguivamo il viaggio.
      Era giā fatta notte: la nebbia cresceva, ed io stimavo gran ventura aver trovato costoro che ci ajutavano a non ismarrir la strada in quell'oscuritā.
      Presso la mezzanotte, Ginevra dormiva, e solo due uomini stavano in piedi per regolar la vela e diriger la barca; ma anch'essi tratto tratto andavano dormicchiando. Io seduto a prora vegliavo, fisso in mille pensieri. Tutto era cheto. Mi parve udire sulla corvetta della nave della regina, che ci precedeva di mezz'arcata, I passi di alcuni uomini; gli udivo parlar sommesso, ma parole concitate e piene d'ira; tesi l'orecchio; una voce di donna si mescolava all'altre, e pareva chiedesse mercede: seguiva un pianto, e s'udiva a riprese, quasi costoro tentassero soffocarlo. Alla fine sentii un tonfo nel mare, come d'un corpo cadutovi. Io dubitando forte mi rizzai, e stringendo le ciglia, mi parve vedere non so che bianco agitarsi a fior d'acqua: mi buttai a mare ed in quattro sbracciate mi vi trovai accosto, afferrai un lembo di veste, e presolo coi denti tornai alla barca traendomi appresso un corpo. Gli uomini miei s'erano risentiti allo strepito; m'ajutarono risalire, e tirar SU chi era meco. Trovammo una donzella in sola camicia, legate le mani con una villana corda, e non dava segno di vita. A forza d'ajuti tuttavia si riebbe alla fine. Facemmo di rimaner addietro DE' Viniziani che seguirono il lor viaggio, nč si curarono di noi.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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