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      Sorrise taluno de' guerrieri francesi, e vi fu chi bisbigliò non doversi molto temere chi pareva turbarsi al solo parlar di battaglia. Il giovane notò gli atti e le parole, e sentì una vampa di fuoco sulle guance; ma fermò l'animo pensando, alla prova vedranno s'io tremi.
      La risposta del duca non fu scarsa nè di parole nè di baldanza, maggiore di tanto che anch'esso dall'aspetto dell'Italiano avea tolto argomento d'animo mal sicuro.
      In pochi minuti finì il parlamento ed i due messaggeri trovaron rinfresco per loro e pei cavalli in una tenda vicina.
      Grajano aveva esso pure riconosciuto Fieramosca; e quando uscì dalla presenza del duca, gli tenne dietro. S'avvicinò a lui salutandolo col viso poco curante di coloro che negli uomini valutano i doni della fortuna più di quelli della virtù: l'avea conosciuto in povero stato, nè gli pareva che mostrasse essersi molto avvantaggiato dacchè non s'eran più veduti. - Oh! - gli disse, - ser Giovanni... no, ser Matteo... diavolo non mi ricordo... Basta, poco importa. E così, chi non muore si rivede!
      - Appunto, - rispose Fieramosca, il quale malgrado la generosità del suo carattere non poteva superare un senso di rammarico vedendo, chi credeva nel mondo di là, vivo e giusto possessore di colei che amava più della vita. Ebbe un bel pensare, e sforzarsi per non lasciar quell'appunto così asciutto; tutto fu inutile, e tacque. Grajano non era tale da accorgersi di queste mezze tinte; visto che il discorso cadeva seguitò:
      - E così, che cosa facciamo?


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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