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      Da un pover uomo che vegliava a guardia delle barche di carbone a Ripetta furon visti giungere tre uomini in riva al fiume. Uno a cavallo: era il cardinale: in groppa a traverso tenuto dagli altri due pel capo e pei piedi, il cadavere del fratello; lo gettarono in Tevere, lavarono la groppa del cavallo imbrattata di sangue, e sparirono in un vicolo oscuro.
      Un mese dopo, il Valenza, deposta la porpora, fu a cavallo alla testa d'un esercito. Usando ora la forza, ora i tradimenti, ebbe presto occupata Faenza, Cesena, Forlì, la Romagna, parte della Marca, Camerino ed Urbino. Ma i modi dell'acquistare, e l'arti per mantenere la mal ottenuta signoria, le ingiurie fatte a tanti, accesero contra il duca l'odio universale, che per iscoppiare non aspettava se non l'occasione. Questa poteva nascere in due modi; o morendo il padre, o mancandogli l'aiuto di Francia. L'età del papa, la fortuna dell'armi francesi in Italia, sempre fluttuante, l'ammonivano a provvedersi d'altri appoggi, ove questi gli fossero mancati.
      L'occhio suo, scopritore d'ogni pratica, indagatore di ogni senno e d'ogni cuore più chiuso, gli mostrò qual fosse realmente allora la condizione d'Italia. Conosceva il valore impetuoso de' Francesi, più atto a vincer una giornata che a sostenere i fastidj di una guerra magra e lunga.
      Presentiva quanto valesse il solo Consalvo ad abbattere la loro potenza. Lo vedeva per valore, prudenza, perseveranza terribile, presso a fiaccare la fortuna de' gigli. Gli parve dunque d'attaccar qualche filo con lui onde aver aperta una porta, se gli venissero meno gli antichi amici.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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