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      Sempre con una faccia di scomunicato che ti senti accorare. Eh! io è un pezzo che me n'ero accorto, e non mi volevano credere. Son curiosi questi bravacci di soldati. Pare che sia vergogna per loro d'esser innamorati! Insomma, ier sera il prigione francese che l'ha conosciuto a Roma ha cantato: ed ora poi non c'è più dubbio. Dice bene il proverbio "Amore, tosse e scabbia, non la mostra chi non l'abbia".
      La lepidezza del podestà fu accolta al solito da D. Michele con una risata, che dovette replicare due o tre volte, poichè piacque a D. Litterio di replicare altrettante il suo proverbio. Tornati poi sul serio, il primo riprese:
      - Da codesto amore a me basterebbe la vista guarirlo, che nemmeno se ne ricorderebbe. Ma...
      E qui una pausa per farsi pregare.
      - Guarirlo? - disse il podestà - come vorreste guarirlo? Per questa febbre ci vuol altro che medici e speziali.
      - Ed io vi dico che vorrei soltanto trovar un suo amico che m'aiutasse, e poi vada il capo se resto bugiardo.
      D. Litterio lo guardò un poco per vedere se diceva davvero o da burla: e non è da dire se l'altro sapesse far sì che quest'investigazione gli riuscisse favorevole. Quando si fu mezzo persuaso, gli disse:
      - Se non volete altro, questo non vi mancherà.
      E ravvolgeva fra sè d'aver egli il merito di questa portentosa guarigione, come si vantava d'aver avuto quello di scoprire il male. E certamente chi avesse operato il miracolo di render Fieramosca compagnone, amico del chiasso e dell'allegria, sarebbe stato portato al cielo dai suoi amici e da quanti lo conoscevano.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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