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      E così punzecchiava D. Michele per udire qual modo avesse ad ottenere una cosa tanto difficile, e questi stava sulla sua, facendosi pregare assai, quasi non si fidasse ben di lui. Pure alfine mostrando di lasciarsi vincere, gli diceva, come in terra di Turchi avesse veduto usare ed imparato un segreto maraviglioso a spegnere qualsivoglia più furioso amore, e non durò gran fatica a rendersi interamente padrone del cervello di grillo del povero podestà, che stimò gran ventura l'aver trovato costui.
      - Il tutto sta, - disse alla fine D. Michele, - ch'io possa trovarmi per cinque minuti colla sua innamorata: del resto lasciate il pensiero a me.
      - Questo, veramente così su due piedi non ve lo potrei promettere. Perchè, a dirvela, non la conosco. Ma se è in Barletta, o dieci miglia qui intorno, lasciatevi servire: non andranno ventiquattr'ore che vi saprò dire qualche cosa. Ora trovo Giuliano... è il fante del Comune... un diavolo per saper tutto.
      - E dove ci vediamo? - domandò D. Michele.
      - Dove vi pare.
      - Se credete, ci troveremo all'osteria del Sole, così sulle ventidue.
      - Siamo intesi, - rispose D. Litterio; e lasciato D. Michele maravigliato della propria ventura, s'avviò al palazzo del Comune per rintracciar Giuliano. Se non dispiace al nostro lettore, faremo a meno d'accompagnarlo, per non lasciar che D. Michele s'annoi troppo in questa anticamera.
      Aspettò un pezzo inutilmente che Consalvo comparisse; alla fine ottenne dall'usciere di essere introdotto.
      Stava il capitano di Spagna ritto accanto alla finestra, avvolto in un robbone di raso vermiglio foderato di vajo; e l'augusta presenza, l'alta fronte, l'occhio scrutatore, la fama in fine d'un tant'uomo risvegliarono nel petto del condottiero del Valentino quel senso di timore, e direi quasi d'avvilimento, che sempre coglie l'iniquo in faccia all'uomo virtuoso.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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