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      Ludovico Aminale da Terni;
      Mariano da Sarni;
      Giovanni Capoccio Romano.
     
     
     
      CAPITOLO VIII.
      Il monastero dell'isola posto fra il monte Gargano e Barletta era dedicato a S. Orsola. Le sue mura oggi non presentano allo sguardo che un monte di rovine coperte di spini e d'edera; ma all'epoca della nostra istoria erano in buon essere 2, e formavano un edifizio d'aspetto severo, innalzato dai tardi rimorsi d'una principessa della casa d'Anjou, che venne ivi a finir santamente una vita scorsa fra le sfrenatezze dei piaceri e dell'ambizione. Non si potrebbe desiderare solitudine pių tranquilla o pių amena di questa.
      Sopra uno scoglio, alto forse venti braccia sul livello del mare, č un piano di terra fruttifera, che gira da cinquecento passi andanti. Nell'angolo pių vicino alla terra ferma sorge la chiesa. Vi s'entra per un bel portico, retto da gentili colonne di granito bigio. L'interno a tre navate, con archi a sesto acuto, posati su fasci di colonne sottili ornate d'intagli, riceve la luce da lunghe finestre gotiche chiuse con invetriate a colori, piene di storie de' miracoli della Santa. La tribuna dietro l'altar maggiore č tonda, ornata di musaici in campo d'oro. Vi si vede un Dio Padre nella gloria, ed ai suoi piedi S. Orsola, con le undicimila vergini portate dagli angioli.
      La chiesa, lontana dall'abitato, rimaneva quasi sempre vota. Le sole monache si radunavano in coro ad ore fissate del giorno e della notte per salmeggiare. Era verso sera, e mentre si cantava il vespro dietro l'altar maggiore con quella sua cantilena lunga e monotona, una donna pregava inginocchiata accanto ad un avello di marmo bianco ingiallito dagli anni, e coperto da un baldacchino parimente di marmo pieno di fogliami e d'animali all'uso gotico, ove riposavan l'ossa della fondatrice del monastero.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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