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      Entṛ in un loggiato pulito come uno specchio che circondava un piccol giardino. Nel mezzo v'era un pozzo sotto una tettoja retta da quattro pilastri di pietra. Di qui, traversato un lungo andito riusć in un cortile di dietro. Il lato in fondo era formato da una casetta, ove non era clausura, separata dalla rimanente fabbrica, e vi s'alloggiavano i forestieri. Ginevra v'abitava colla giovane salvata da Fieramosca, ed occupavano due o tre camere; che, secondo l'uso de' monasteri, non avean comunicazione fra di loro, ma soltanto per un andito comune. Ginevra, entrando nella camera ove solevan passare insieme la maggior parte del giorno, troṿ Zoraide occupata ad un telajo, e lavorando cantava una canzone in lingua araba piena di tuoni minori, come tutti i canti de' popoli del mezzogiorno. Guarḍ un momento il ricamo, e diede un sospiro (era un mantello di raso azzurro trapuntato d'argento che facevano insieme, destinato a Fieramosca), poi si pose a sedere ad un balcone ombreggiato da pampini, che guardava verso Barletta. Il sole s'era allora nascosto dietro le colline di Puglia. Poche strisce di nuvole stavano su pel cielo tutte accese al lampo solare, simili ai pesci d'oro notanti in un mar di fuoco. La loro immagine correva in lunga lista riflessa dall'onde, solcate qua e là da qualche vela di pescatori, che un leggiero levante spingeva alla spiaggia. L'occhio della giovane era fisso al molo del porto che aveva in faccia, dal quale spesso vedeva staccarsi una barchetta e venir verso l'isola.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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