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      - Oh bella! ed alla Chiesa chi l'ha donato?
      - L'ha donato un guerriero francese che si chiamava Roberto Guiscardo, il quale per forza d'arme se n'era fatto padrone.
      - Ora poi capisco meno che mai. Il libro che m'ha dato Ginevra, e l'ho letto tutto, sai, e con attenzione, non è egli scritto da Issa-ben-Jusuf?
      - Sì.
      - Non dice forse che tutti gli uomini son fatti ad immagine di Dio, ricomprati col suo sangue? Capisco vi sia fra i cristiani alcuni che, abusando della forza, si faccian signori dell'avere e delle vite dei loro eguali, ma come quest'abuso possa cambiarsi in diritto che ricada sui figli dei figli, non lo capisco.
      - Io non so, - rispose Ettore sorridendo, - se tu non capisca, o se capisca troppo. Quello che è certo, senza questo diritto che cosa diverrebbero i papi, gl'imperatori, i re; e senza loro come andrebbe il mondo?
      - Zoraide si strinse nelle spalle, e non rispose altro. Con ciò che aveva nel paniere apparecchiò una merenda su uno di que' sedili, coperto prima da una tovaglia che mandava la fragranza del bucato. Oh sì, - disse Ettore per divertir i pensieri che leggeva sulla fronte di Ginevra, attendiamo noi a star allegramente fin che si può, e il mondo vada come vuole. Così mangiarono lietamente.
      - Il proverbio, seguiva Fieramosca, dice non parlar di morti a tavola: dunque nemmeno di sfide; parliamo di cose allegre. Saremo in feste presto. Il signor Consalvo ha bandito una giostra, una caccia di tori, e commedie e balli e desinari: vuol esser una cuccagna.
      - Che vuoi dire? e i Francesi?


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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