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      Ginevra scese con lui sino al basso dello scoglio, e Zoraide, ch'era rimasta di sopra, fu salutata da Ettore mentre entrava in battello; ma essa appena rispose e si tolse di là. Questi non ne facendo caso, disse a Ginevra:
      - Non ha sentito. Me la saluterai. Dunque addio. Questi giorni, Dio sa se potremo appena vederci. Basta: in qualche modo faremo. - Diede de' remi all'acque, e s'allontanò dall'isola. Ginevra, risalita la scala, rimase in alto un pezzo guardando, sopra pensieri, le due linee divergenti che dalla prora della barchetta si prolungavano indietro per lungo tratto di mare. Quando non vide più nulla, entrò nella foresteria, e, chiusa la porta, la sbarrò per la notte con due chiavistelli.
     
     
     
      CAPITOLO IX.
      Dal principio del mondo in qua gli uccelli sono sempre stati presi dagli uccellatori a un di presso cogli stessi zimbelli, e gli uomini sono sempre stati colti alle stesse reti.
      Ma la più pericolosa di tutte è forse quella che mette in giuoco il nostro amor proprio. Lo sapeva D. Michele, e conosciuto di qual piè zoppicasse il podestà, in pochi colpi, come abbiamo veduto, l'ebbe in sua mano. Quando uscì dall'anticamera di Consalvo per cercar del servitore del Comune, andava fantasticando, rivolgendo fra sè mille pensieri, e non capiva in sè dall'allegrezza, d'aver trovato chi gli prometteva tante maraviglie. Talvolta, è vero, gli nasceva il sospetto fosse un ciurmatore; ma, avendo alta idea della propria avvedutezza, diceva come tutti quelli che passan la loro vita ad esser fatti fare: A me non me la fanno.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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