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      . D. Litterio li lasciava dire e taceva, poichè aveva due visi al suo comando; uno umilmente giulivo per coloro che eran dappiù di lui; l'altro arricciato, e pieno d'angoli per quelli che eran da meno; e questo, come ognuno sa, è il bel dono concesso dal Cielo a tutti gli sciocconi.
      Passata così una mezz'ora, udì una voce alle spalle che diceva:
      - Eccellenza!... Signor podestà, non per offendervi... se volete restar servito... son colte sulla rugiada.
      Si volse e vide l'ortolano di S. Orsola, Gennaro Rafamillo, che gli offeriva una decima su un canestro di ciliege, che veniva ogni mattina a vender in piazza con altre frutta; e sapeva, per esperienza, che mediante questo tributo poteva poi vendere a voglia sua senza impacciarsi della bandiera del mercato.
      - Ho altro in testa che le tue ciliege, - rispose D. Litterio; tuttavia, dopo aver guardato il paniere, gonfiando le gote, e mandando fuori a poco a poco l'aria raccolta, prese con un certo nobile sprezzo tre o quattro foglie di vite, le dispose sulla panca a guisa di piatto, e vi fece su un bel mucchietto di ciliege che cominciò a mangiare.
      - Son buone eh? dite la verità! Ne ho portate ier sera a madonna, e mi ha detto che non avea visto mai le più belle.
      - E chi sarebbe questa tal madonna?
      - Madonna Ginevra; quella che abita in foresteria; e dicono che sia una gran gentildonna di Napoli, ed ha non so se il marito, o il fratello qui al servigio del signor Prospero, e quasi ogni giorno la viene a visitare...
      L'ortolano era per parlare un pezzo, chè il laconismo non era la sua qualità dominante; ma D. Michele frattanto era sopraggiunto, e fermatosi dietro il podestà senza che se n'avvedesse:


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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