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      D. Litterio si scontorceva.
      - No, vi replico, avete mille ragioni; nessuno porta scritto in fronte ch'egli è uom dabbene. E son pur tanti i tristi! Ma quando vi mostrassi che, coll'ajuto di Dio, mi basta la vista di estrarre i tesori dalle viscere della terra, frenar la furia d'una palla d'archibugio, ed eseguir altre cose difficilissime, le quali vedrete farsi da me, e che vostro sarà tutto l'utile senza che io ne tocchi grano, contentandomi di quel poco che basta a sostentar la mia povera vita, dovrete dire: "Costui potrebbe farsi ricco e viver negli agi; invece è povero, e vive in travaglio: dunque ciò ch'egli narra è vero, nè può meritamente esser tenuto un tristo". Due parole, e finisco: a molti è giovato l'essermi capitati innanzi; potrebbe giovar anche a voi. Pensateci, e risolvete presto. La penitenza che debbo compiere m'obbliga a scorrere il mondo senza fermarmi in nessun luogo più di una settimana.
      Quest'aringa, che il podestà ascoltò a bocca aperta senza fiatare, fece sì che fra sè si vergognasse d'aver potuto pensar male. Tuttavia, per darsi dell'uomo accorto, rispose che, ove avesse veduta qualcuna di quelle prove, gli avrebbe nel resto prestato il suo ajuto volentieri.
      Così rimasti d'accordo, si lasciarono, intesi che al più presto D. Michele si sarebbe fatto rivedere, ed intanto avrebbe adoperato i suoi argomenti onde conoscere se in quei contorni giacesse sepolto un qualche tesoro.
      Apparecchiato in tal modo il podestà, e vedendo che il suo inganno si metteva tanto bene, si dispose allora allora di caricar la trappola; cercò di Boscherino, e gli disse come in servigio del duca gli bisognava l'opera sua.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





Litterio Dio Michele Boscherino