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      La vecchia avrebbe avuto materia per rispondere e non infrangere una delle leggi fondamentali del codice femminile, quella d'esser sempre l'ultima a parlare; ma avea fretta di dir cose che importavano, onde volse le reni a Sandro con quell'atto di scherno che si può più immaginare che descrivere.
      - Se non ci mettete le mani voi, - parlava al conestabile, - vuol esser un bel ballo: su alla macchia è stato l'inferno stanotte. Son tornati gli uomini, che mancava un'ora a giorno. Conducevano quel brutto cristiano che prendeste ier sera... Vergine! pareva un morto di tre giorni. Ma gli è durata poco la paura. Pietraccio l'ha sparato come un capretto da latte.
      - Come? - disser Martino e D. Michele, parlando tutt'e due in una volta: - hanno ammazzato il podestà? perchè? dove? come?...
      - Che volete che vi dica? Vergine mia benedetta! Pietraccio voleva fargli capire che pagasse non so quanti ducati di taglia: e già sapete senza lingua come s'ha da far intendere? Quello stava cogli occhi fissi, invetriti, più di là che di qua. Allora il padrone gli scrisse ciò che occorreva su un foglio, voleva che lo leggesse. Peggio. Pareva la statua di San Rocco alla cappelletta di Belfiore. Pietraccio allora tre o quattro ceffatoni sul viso, ma di quelli! Non ci fu verso. Alla fine la gli è saltata... e sapete quando la gli salta!... Il coltello a soprammano qui alla bocca dello stomaco e giù, giù, l'ha scucito fin sotto la cintola (già pel coltello non c'è che dire, bisogna lasciarlo stare; fa vergogna agli uomini vecchi.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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