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      Quando D. Michele udì la domanda di Fieramosca disse:
      - Se l'avessimo pagato, non ci avrebbe serviti meglio. Lasciate fare a me, conestabile, e vedrete se so lavorar pulito. Ma... ricordatevi!
      - Resta inteso, non occorr'altro. Però... le monache...
      - Le monache, - rispose D. Michele ridendo, - non le toccheremo; state pur quieto. Ora datemi la chiave della prigione ed aspettatemi qui.
      - Prese le chiavi, scese al pian terreno ed aprì la porta pian pianino: tese l'orecchio, ed udendo che la madre ed il figlio stavan parlando, si fermò sul primo scalino dei quattro o cinque che scendevano in quella buca, di dove allungando il collo poteva vedere ed udire que' due meschini.
      La donna era stata deposta in terra col capo appoggiato ad una trave che giaceva in un angolo, ma per l'angoscia essendole saltata una febbre gagliarda, nel divincolarsi era caduta colla fronte sul tufo umido del suolo, nè aveva avuto mai forza di rialzarsi. Il figlio, colle braccia legate sul petto in modo che non poteva muover un dito, s'era provato, ma inutilmente, d'aiutarla; alla fine per disperato se l'era posto ginocchioni accanto, e girava l'occhio istupidito ora sulla madre, ora per le mura.
      La donna tentava ogni tanto di alzar la testa, ma era troppo debole per farlo da sè. Con molto stento riuscì pure alla fine al figlio di sottentrare con un ginocchio in uno di quegli sforzi, e così la venne a rimettere nella sua prima posizione; ma questo moto le cagionò tanto dolore che portandosi le mani al capo con un gemito prolungato disse:


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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