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      .. era vescovo di Pamplona di fresco... le gettò i cuscini sulla testa... e su colle ginocchia... Mostro! io caddi in terra... Giurami per tutto l'inferno, per la morte mia che l'ammazzerai; accenna col capo che lo giuri... almeno questo...
      L'assassino cogli occhi orribilmente spalancati sulla madre crollò il capo ed accennò che farebbe, ad essa levandosi dal collo una catena che aveva sotto la camicia, soggiunse:
      - E quando gli avrai spaccato il cuore, digli: "Guarda questa catena... sbattigliela sugli occhi... te la rende mia madre...". Non ho finito... Oh un momento ancora! poi non ti temo... Quando mi riscossi, mi trovai stesa sul tettuccio, e tu sei... ho non posso dirlo... accanto alla povera Ines. Oh com'era bella!... ed ora sei in paradiso!... ed io! io! perchè ho d'andare all'inferno?... - Quest'ultime parole furono accompagnate da un urlo che fece tremar la volta. Era morta.
      Pietraccio non si commosse gran fatto; con guardo stupido pose mente ai moti convulsi della madre. Quando la vide spirata, s'accovacciò nell'angolo più lontano, come fa una fiera, che chiusa in gabbia con un cadavere della sua specie, prova ribrezzo e lo sfugge.
      Tutto quel racconto fatto ininterrottamente ed in una specie di delirio non era stato inteso da lui se non in parte. L'idea che gli rimaneva più viva, era che avea a vendicarsi di Cesare Borgia per più ingiurie, ma principalmente, a parer suo, per essere stato ridotto ne' termini in cui si trovava dalla barbarie di costui.
      Il racconto medesimo aveva però ben altrimenti colpito lo sgherro del Valentino.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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