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      Chi avesse potuto vederlo in quel momento, avrebbe creduto che ogni parola di costei gli togliesse una porzione di vita, tanto si veniva cambiando in viso. Quando la donna cadde sul pavimento, mancò poco non accadesse a lui lo stesso.
      Scese mal fermo sulle gambe, e colla mano che gli tremava tagliò le corde che legavano Pietraccio. Fissò gli occhi un momento sulla catena che già aveva al collo, poi disse:
      - Or ora verranno a visitarti un gentiluomo ed una donna. Voglion liberarti, ma che non appaja ciò sia opera loro. Sii accorto, e mentre vorranno vedere se la donna si possa ancora aiutare, prendi la scala, fuggi, e fa' di non esser colto; sei già condannato nella testa.
      Dette queste parole con grandissima fretta, come avesse avuto fuoco sotto i piedi, gettò alla sfuggita uno sguardo di ribrezzo sulla donna, lasciò il suo pugnale nelle mani di Pietraccio, ed in un lampo si trovò nella camera del Conestabile. Si dirà a suo luogo quanto ciò che avea veduto ed udito dovesse turbare anche un ribaldo par suo.
      Il lettore forse dirà: Ma insomma non la finiamo mai con queste malinconie di assassini, traditori, prigioni, morti, diavoli e peggio?
      Se noi abbiamo indovinato la sua mente, egli con buona licenza non ha indovinato la nostra che era appunto in questo momento di finirla, mandar al diavolo D. Michele e Pietraccio e Martino (che a dirla in confidenza cominciavano a divenir fastidiosi anche a noi), e pregarlo a saltar nel bel mezzo della rôcca di Barletta, che troveremo assai mutata da quando ci siam venuti l'altra volta con D. Michele.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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