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      In ultimo venivano gli scudieri di questi capi; e, come voleva l'uso in allora, ogni signore procurava avere a' suoi servigi uomini di diverse nazioni; e più erano barbari e strani, più s'apprezzavano: onde si vedevano Spahis turchi colle corazzine a squame, le storte ed i cangiarri: uomini del regno di Granata armati di zagaglie moresche, sagittari tartari, e questi erano due staffieri di Prospero Colonna vestiti di colori vivacissimi cogli archi ed i turcassi d'argento. V'erano negri venuti dall'alto Egitto armati di lunghi dardi; e le barbare fisonomie di questa gente contrastando co' visi europei, formavano un quadro pieno di vaghezza e di varietà.
      La mossa di Consalvo fu salutata dallo sparo di tutte le artiglierie che guernivano le torri e gli spaldi del castello, e dalle campane sonando a distesa. Fra tanto frastuono spiccava di tempo in tempo lo squillo delle trombe ed il suono degli strumenti, producendo un'armonia, se non perfettamente d'accordo, almeno tale da esprimere l'allegrezza marziale che animava l'esercito.
      In questa giunse l'avviso al gran Capitano che il duca di Nemours co' suoi baroni era già entrato in Barletta; onde fermatosi mandò alcuni de' suoi ad incontrarli, e pochi momenti dopo i Francesi comparvero al lato opposto della piazza.
      Il duca vedendo Consalvo smontato, e che veniva ad incontrarlo, scavalcò, e dopo essersi ambedue stesa la mano con gentile accoglienza, il Francese disse cortesemente che stimerebbe gran villania se, invitato ad una festa, venisse a disturbarla, come sarebbe accaduto se per cagion sua si ritardasse d'un momento al padre di riabbracciar la figlia.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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