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      In questo luogo medesimo, che era sterrato e ben adatto, doveva seguire la giostra; onde già era pieno di popolo in ogni parte, ed i tetti, le finestre, tutti i luoghi elevati si vedevano guerniti di spettatori. I sergenti ed i donzelli con farsetti a diversi colori, spazzata ed innaffiata la piazza, aspettarono l'arrivo di Consalvo.
      Egli giunse ben tosto con tutti i suoi, avendo alla destra il duca di Nemours, ed alla sinistra D. Elvira. Fatto il giro dello steccato, smontò ad un palco più grande e meglio addobbato, ch'era in uno dei lati, e fra gli evviva e le grida che il popolo dona facilmente allo sfoggio delle vesti, all'oro, ed all'altre gale, sederono tutti, e fu dato il segno di lasciare il primo toro.
      Il bisbiglio delle turbe, e le contese che in casi simili nascono fra gli spettatori dalla gara d'occupare i migliori posti, cessarono all'aprirsi del rimessino. Si lanciò nell'arena un gran toro, tutto nero il capo e le parti anteriori, colla groppa d'un bigio scuro: snodando la coda andò buon pezzo qua e là a salti, finchè, veduto che da quel luogo non era uscita, si fermò aggirando l'occhio sanguigno con sospetto, e spargendo colle zampe davanti l'arena.
      In quel mentre i visi e gli occhi di tutti si volsero verso un angolo della piazza al rumore cagionato dalla rissa di due uomini, della quale non si conosceva la cagione. Per farla nota al lettore ci conviene tornare alle donne di S. Orsola per un momento.
      La sera in cui Fieramosca annunziò loro ch'era stabilito il combattimento contra i Francesi, Ginevra non fu la sola che tremasse all'idea del pericolo cui egli si doveva esporre.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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