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      Poco più lungi La Motta aveva intorno i suoi Francesi che lo confortavano a non vituperarli.
      Intanto uno fra gli spettatori che sedevano ai gradi più bassi, e si trovava aver finito allora un discorso con Veleno che gli era accosto, disse volgendosi a Gennaro: "Dice quest'uomo dabbene che que' signori laggiù voglion fare a chi vuota un boccal di greco tutto d'un fiato in faccia al toro". Molti risero a questa sciocchezza, ma le risa si quietaron tosto quando si vide che i sergenti guidati da Fanfulla facean sgombrar la piazza, nella quale rimase solo ed immobile, e sempre col suo gran spadone in ispalla, il gigante Spagnuolo.
      Per questo secondo assalto, conoscendo quanto fosse difficile uscirne ad onore, e che malgrado l'erculee sue forze, tagliar un collo di toro rivestito di maglia di ferro era un'impresa almeno molto temeraria s'era provvisto d'un altro spadone più grave assai del primo, e che usava soltanto quando doveva assaltare o difendere trincee: era corso a casa, e fattogli rifare il filo piuttosto tondo, s'era ristorato in fretta, divorando ciò che gli era venuto alle mani, e bevendovi su un buon fiasco di vin di Spagna. Per questi apparecchi aveva avuto tempo di avanzo; che non ce ne volle poco, nè pochi sforzi per fasciare il collo d'un toro con un giaco di maglia, che, aperto davanti, ed infilzate le maniche alle corna, rimase adattato e fermato sotto il collo, cadendogli sulla fronte il collarino. Chi ha visto ai nostri tempi cacce di questi animali, sa che si può, qualora sieno ristretti in luogo oscuro, per virtù di buoni canapi che si gettano loro alle corna, tenerli fermi, e farne ciò che si vuole.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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