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      A Brancaleone era dato il carico di badare che nulla mancasse, e fossero prestati que' servigi che occorrevano.
      Mentre egli attendeva a questa bisogna, Grajano di Asti, da lui conosciuto per averlo visto quando con Fieramosca portò il cartello al campo francese, giunse con due scudieri che recavan l'arme, e conducevano il suo cavai da battaglia. Brancaleone che, secondo l'usanza sua, avea sino a quel punto parlato pochissimo, si fece incontro a Grajano, e l'accolse con più parole e meglio che non soleva; e chi l'avesse avuto in pratica, vedendo i suoi modi in quest'occasione, avrebbe conosciuto che qualche occulto fine lo moveva a cercar d'affiatarsi con costui; in fatti aveva un fine, e d'importanza, come si vedrà a suo luogo.
      Dopo le prime accoglienze e proferte di servigi, e dopo averlo accomodato di quanto poteva occorrergli, si trattenne a parlar seco mentre i suoi scudieri l'ajutavano spogliar i ricchi panni ond'era vestito per indossar farsetto e calzoni di pelle stretti alla carne, sui quali poi si adattava l'arnese.
      Quello di Grajano era una bella armatura a strisce dorate sull'acciaio brunito, ed era disposto su una tavola a pezzi. L'osservava Brancaleone parte per parte con grande studio, e, preso in mano il petto per ajutare affibbiarlo addosso al cavaliere, osservò che era fatto di due lame d'acciaio, e lo giudicò impenetrabile: la panziera era doppia e d'ugual fortezza; tolse in mano i bracciali, i cosciali e gli schinieri, e come pratico conobbe che potevano resistere ad ogni prova.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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