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      Si pose seduta sul letto, e cavando di sotto le coltri un piede piccoletto, rotondo e bianco come il latte, lo nascose in una pianelletta vermiglia, mentre si infilava sulla camicia una veste azzurra, mandandosi dietro le orecchie colle due mani i lunghi capelli castagni.
      Venne a seder sotto i pampini del balcone, mirando cogli occhi abbagliati dalla luce d'un cielo sereno e limpido il quadro maestoso che s'offriva a' suoi sguardi.
      Il sole levato già da un pajo d'ore illuminava di faccia il lido, la città e la rôcca: fra le torri e gli spaldi rossicci parevano tratto tratto crearsi in un subito globi di fumo color di perla, attraversati da rapide lingue di fuoco, ed ai raggi solari splendevano d'una luce candidissima, rivolgendosi in mille giri che salivano dileguandosi nell'azzurro del cielo; dopo alcuni istanti giungeva lo scoppio che ripercosso dall'onde s'udiva rinascere fra le rupi del lido e si perdeva a poco a poco in un eco lontano fra l'ultime gole de' monti. La rôcca e la città, velata ora dal fumo, che presto era poi dissipato dalla brezza marina, si specchiavano nella tinta cerulea del mare in bonaccia, e talmente piano, che la loro immagine rovesciata si riproduceva tremola, ma intera, nell'acque.
      Il suono delle campane e degli stromenti giungeva or più forte or più debole secondo il soffiar del vento; e nella quiete del monastero si potevan persino distinguere a momenti le grida e gli evviva del popolo che acclamava il Capitano di Spagna. Ma nè questi segni d'allegrezza, nè il quadro ridente che aveva sott'occhio, non valevano a sgombrar dall'animo di Ginevra la mestizia che l'opprimeva.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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