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      Passò il ponte, e camminò un tratto lungo la spiaggia, avendo il mare a destra, ed a sinistra l'erta del monte rivestita di folti cespugli. Passeggiava a passo lento, e colla mente troppo ingombra di pensieri per potersi occupare di ciò che accadeva intorno a lei. Fu a un tratto sorpresa da uno strepito che udì tra le frasche; e quindi sbigottita, vistone uscir un uomo, il quale reggendosi a stento, coperto di cenci insanguinati, tutto lacero dai rovi, coi capelli lunghi, arruffati, che gli ingombravano il volto, le cadde in ginocchio ai piedi: ella ebbe il pensiero di fuggire, ma come ardita ed animosa, rimase; e, guardando quello che tanto stranamente le era comparso davanti, venne a poco a poco raffigurando il capo-banda Pietraccio, che, secondo la traccia data da D. Michele, essa involontariamente con Fieramosca aveva ajutato fuggirsi. La cosa era appunto accaduta come avea preveduto lo sgherro del Valentino: Pietraccio, mentre essi tentavano di porgere ajuto alla donna, s'era cacciato a correre su per la scala e poi per la porta, e liberatosi ruotando il pugnale da chi gl'impediva il passo, benchè ferito ed inseguito da molti, pure messosi per la macchia come pratico ed agilissimo gli era venuto fatto salvarsi. Per non cader in mano di quelli che lo cercavano, gli convenne viver miseramente appiattato nel più folto del bosco; ed ora, trovandosi per caso vicino a quella che non poteva temere credendola sua liberatrice, spinto dallo stento e dalla fame le si raccomandava ajutandosi co' cenni per farle conoscere la sua miseria che troppo al suo aspetto si dimostrava.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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