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      Pensi ognuno se questo racconto e queste riflessioni erano grate a Ginevra. Non potendole sopportare, e volendosi tor dinanzi costui, disse brevemente:
      - Sì, sì... mi racconterai ciò un'altra volta. - E si volgeva per andarsene con Zoraide alle sue stanze. Ma Gennaro che era sul bel dire non volle lasciarla, e proseguiva:
      - Eh questo non è niente! bisognava vedere poi alla giostra, nel palco de' signori; è stato sempre seduto vicino a lei, e non hanno fatto altro che discorrere; e poi, ecco qui la signora Zoraide ve lo può dire, se tutti non ponevano mente a loro. Anzi c'era l'oste del Sole che provvede il vino in castello, e diceva che il padre è contento che la sposi: sarebbe un bell'affare sapete! quante belle migliaja di ducati! Altro che tribolarsi la vita sua a cavallo, alla pioggia e al vento!
      Ginevra, per finir questi discorsi che troppo la pungevano, quantunque ne conoscesse la vanità, disse:
      - Ma la giostra, insomma, la giostra?
      - Oh la giostra! A Barletta non se la ricorda nessuno la simile.
      E qui principiando dalla caccia de' tori, e dalle prodezze di don Garcia, descriveva poi le battaglie all'azza ed alla lancia, ripetendo i nomi d'ognuno gridati già dagli araldi. La sua memoria lo servì anche troppo. Quando fu a conchiudere disse:
      - Quello poi che ha finita la festa, ed ha scavalcato i tre Spagnuoli uno dopo l'altro, è stato il signor don Grajano d'Asti.
      - Chi, chi? - disse Ginevra con un'alterazione di volto e di voce che non potè nascondere.
      - Un certo signor don Grajano d'Asti; dev'essere un gran barone: armato e vestito ch'era una ricchezza.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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