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      Una credenza grandissima, rimpetto al luogo destinato ai primi fra i convitati, era carica di vasellame d'argento e di larghi piatti di lama battuta, lavorati a disegni arabeschi in rilievo, e nel mezzo, davanti a questa, un sedile piuttosto alto ove il maestro di sala colla sua bacchetta d'ebano dovea stare accennando ai camerieri ed ai famigli. Nello spazio poi in mezzo al ferro di cavallo erano in terra due grandi urne di bronzo piene d'acqua, ove occorresse lavare o sciacquare, quali si vedon dipinte da Paolo Veronese nelle sue cene, e dentro vasi in fresco e guastade di vini di Spagna e di Sicilia. Gli altri due lati della sala, all'altezza di dieci braccia da terra, avean logge sulle quali erano i musici. Grazie alle cure di Diego Garcia, ed alla diligenza del cuoco, poco dopo mezzogiorno potè entrare il maestro di sala nel luogo ove la brigata stava aspettando, seguito da cinquanta camerieri vestiti di rosso e giallo con tovaglie, bacini e mescirobe per dar l'acque alle mani, ed annunziare ch'era in tavola. Il duca di Nemours radiante di gioventù, di salute e di quella grazia che tanto adorna la nazione francese, offrì a D. Elvira la mano per condurla al suo luogo. Chi avesse detto in quel momento a questo giovane principe, e che pareva serbato a un avvenire così fortunato e glorioso, che fra pochi giorni i suoi occhi così vivaci, quelle sue membra sì adatte dovrebbero esser fredde ed immobili, composte in una povera bara nella chiesetta della Cerignola, e che una breve pietà di Consalvo sarebbe stato l'ultimo affetto che dovesse destare in un cuore umano!


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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