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      Sulla tinta pura di questo quadro vedeva campeggiare la figura oscura di Grajano, che stava seduto fra esso ed il barone.
      Il contrasto del cielo faceva parer più acceso ed infuocato il color della sua carnagione, ed accresceva l'espressione rozza e non curante della sua fisonomia. Pensando Fieramosca quale fosse l'uomo che avea davanti, si sentiva struggere. Buon per lui che non sapeva in quale maggiore stretta si trovasse allora Ginevra! che appunto in quel momento, avendo udito da Gennaro che Grajano era in Barletta, scendeva in chiesa, e vi fermava il proposito d'abbandonar quei luoghi per sempre. Nel tumulto d'una mensa tanto numerosa, poco o nulla si badava ad Ettore e a D. Elvira; ma Vittoria Colonna, nella quale era già nato un sospetto, avea posto mente ai visi mutati dei due giovani, e dubitando che fossero tra loro passati ragionamenti più stretti, stava coll'animo sollevato e l'occhio attento, osservando gli atti del cavaliere della sua amica, per la quale non poteva a meno di non tremare. Mentre costoro erano in tal situazione, s'era andato inoltrando il pranzo imbandito con quel profluvio e con quelle varietà di vivande che voleva l'usanza d'allora. Se l'arte della cucina è difficile al nostro tempo, lo era forse più allora, esigendosi da un cuoco, in un'occasione come questa, prove delle quali non hanno i moderni la menoma idea. Tutti i piatti dovevano non solo piacere al palato, ma dilettare eziandio l'occhio dei commensali. Davanti a Consalvo era un gran pavone con tutte le sue penne spiegate facendo la ruota, e la difficoltà di cuocerlo senza guastarne la vaghezza era stata vinta con tanta fortuna che l'avresti creduto vivo; era attorniato nell'istesso piatto da molti uccelli di minor grandezza che pareva le stesser guardando; tutti ripieni di spezierie e d'aromi; di distanza in distanza sorgevano enormi pasticci alti due braccia, e quando parve tempo, il maestro di sala diede un cenno, e si vide senz'ajuto d'alcuno alzarsi i coperchi, e dall'interno sorgere dal petto in su altrettanti nani stranamente vestiti che con cucchiai d'argento distribuivano il contenuto e gittavano fiori sui convitati.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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