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      Chi vi da quest'avviso v'aspetta con tre compagni al portone di Castello, ed avrà una zagaglia in mano".
      Un brivido scorse ad Ettore fin nelle midolle dell'ossa, e gli si raddoppiò ricordando che le due ore e mezzo eran già sonate all'orologio della torre da un pezzo. Non v'era un momento da perdere: pallido come un uomo che ferito a morte faccia gli ultimi passi e stia per cadere, in un lampo trovò la porta, e giù a gambe per lo scalone si gettò a precipizio così come si trovava senza mantello e senza berretta, facendo restare maravigliati quanti s'imbattevano in lui; e correndo quanto poteva, giunse al luogo indicato con tanto impeto, che si dovette attenere per fermarsi al grosso anello di ferro del portone; l'arco dell'entrata era scurissimo; guardò ansando pel correre e per l'angoscia, quando, scostandosi dal muro contra il quale stava appiattato, venne avanti l'uomo della zagaglia.
      La partita di Feramosca dal ballo così a furia, e tanto mutato in viso, fu osservata da molti, ma non pensarono a seguirlo, udendo da Garcia il motivo che ne era stato addotto da Ettore medesimo. Inigo però e Brancaleone, che più degli altri lo amavano, non potendosi così di leggieri soddisfare, gli tennero dietro, e quantunque non lo potesser raggiungere, l'ebbero però sempre in vista, e furono al portone pochi momenti dopo di lui.
      Trovarono Fieramosca che, afferrato Pietraccio, lo trascinava dicendo: Andiamo dunque, presto, presto. Vide i compagni, e disse loro con gran prestezza: Se mi siete amici, venite meco ed aiutatemi contra quel traditore del Valentino; entriamo in un battello, siamo sette uomini, saremo presto a S. Orsola.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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