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      La luna era oscurata in quel momento da alcune nuvolette che le passavano avanti spinte dal vento. Fanfulla conobbe che se non coglieva quel punto, tornando chiaro, sarebbe stato più probabile che fosse riconosciuto; s'accostò pianamente in punta di piedi a D. Elvira, che non lo sentì finchè non le fu vicino; e quando ella volse il capo per guardarlo, Fanfulla abbassando il suo con molta grazia e destrezza, in atto di riverenza pose un ginocchio a terra vicino a lei, e, presale la mano, v'impresse su le labbra, e seppe così ben fare che riuscì a celare il viso interamente, e la figlia di Consalvo non ebbe il più leggier dubbio ch'egli non fosse Fieramosca.
      Fece per ritrarre a sè la mano, e ciò, secondo l'usanza di tutti i tempi, le fu con perdonata violenza vietato: quantunque l'indole di D. Elvira fosse capricciosa, leggiera e fatta a suo modo, vogliamo però credere che il trovarsi in un colloquio così stretto con un giovane, le facesse provare un certo rimorso, e tremasse anche in parte pel sospetto di non venir ivi trovata dal padre o più ancora dalla sua severa amica.
      Un soffio di vento più forte tolse alla luna il velo che la copriva; e questa, essendo piena, rischiarò di un raggio limpidissimo tutto quel luogo, ed il fulgido vestire di Fanfulla e d'Elvira. Forse nessun de' due se n'accorgeva; ma un grido acutissimo di una voce femminile, che veniva dal piè della loggia alta poche braccia sul mare, li fece riscuotere; e conoscendo che altre persone del ballo avendolo udito potevan uscir dalla loggia, sollecitamente tornarono per diverse parti nella sala, ove i pochi che avean posto mente a quel grido, distratti da altre idee, più non se ne curarono.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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