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      Il primo era però stato seguito da un secondo più debole, e che morendo fra le fauci di quella che lo gettava, fu seguito dallo strepito sordo d'un corpo umano che cadde nel fondo d'un battello; ma la loggia era deserta: nell'interno tutti erano intenti alla festa: nessuno s'affacciò per vedere qual fosse la meschina che domandava soccorso.
      Mentre queste cose accadevano nella rôcca, la barchetta che portava Fieramosca e i suoi compagni, spinta da sette uomini robusti volava ondeggiando sul mare alla volta del monastero, lasciandosi dietro una lunga striscia di spuma. Brancaleone vedendo che Fieramosca non pensava che a buttarsi sul remo con quanto n'avea nelle braccia, disse risolutamente: - Orsù, Ettore, non so dove ci conduca, ma per certo, non par cosa da motteggio, e se s'ha a far davvero, finchè questi giachi sono in fondo alla barca ci vorranno giovar poco. - Persuasi da queste parole, si misero quell'arme attorno, usando cautela che un solo per volta lasciasse il remo per vestirsene. Cintesi le spade ed allacciatisi in capo certi cappelli di ferro leggieri, si diedero a vogare con una nuova furia, sempre ficcando gli occhi pel piano del mare se potessero scoprire i loro avversari. Ettore, strada facendo, raccontò con interrotte parole per qual cagione gli occorresse il loro aiuto: videro in quella una barchetta poco lontana, e si torsero a quella volta; ma all'avvicinarsele s'accorsero che era condotta da una sola persona che lentamente andava verso Barletta. Per non perder tempo si drizzarono di nuovo al monastero senza aver potuto chiarirsi della figura di quello che remigava.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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