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      Inigo consigliava che s'andasse accosto se mai avesse saputo o visto nulla; ma Ettore nol permise: l'ora fissata era trascorsa, e appena poteva sperar di giungere in tempo. Eppure se avesse seguito il consiglio d'Inigo quante sventure avrebbero sfuggite!
      Il monastero di S. Orsola si veniva facendo più grande. Fieramosca vi teneva gli occhi fitti, e vedeva tutte le finestre senza lume: a due tiri d'archibugio, ecco da manca venir un battello basso e lungo che andava come una rondine a fior d'acqua. Ettore, Inigo e Brancaleone dissero sotto voce e tutti insieme: Eccoli; e voltata la prora a quella banda, raddoppiaron gli sforzi: l'altra barca, accorgendosi del loro disegno, si mise presto a fuggire: ma ai persecutori parve triplicato il vigore: visibilmente diminuisce lo spazio che separa i due battelli; già si possono udir le parole dall'uno all'altro; già Fieramosca alzandosi quanto può, senza lasciar il remo, scorge una donna stesa a poppa con due uomini che la guardano, e grida: Traditori! con un ruggito che rimbomba entro le mura del monastero.
      Andiamo, andiamo, voga, arranca, dicevan tutti insieme affannati, e co' denti stretti; ma già quasi colla propra toccano la poppa nemica. Ettore presto come il baleno lascia il remo, e colla spada in alto si lancia fra i nemici che spingendo l'arme innanzi l'aspettavano bene apparecchiati. L'urto, che dovette dar al suo battello per ispiccare il salto, lo fece rimaner addietro dall'altro, onde si trovò solo, e ricevette nel busto e nel capo parecchi colpi, dai quali lo scamparono il giaco e la cervelliera.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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