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      Tutta questa storia Ettore l'ascoltava in piedi, cogli occhi fitti in Zoraide, ed alla fine delle sue parole si veniva a mano a mano mutando in viso facendosi pallido ed infossando le gote: all'ultimo dovette sedere, e facendo forza per rialzarsi, le ginocchia gli mancavano. Uno di loro intanto era andato a picchiare alla porta del chiostro, e fatto risentir Gennaro, ritornava col lume. Brancaleone ed Inigo rimaser colpiti all'aspetto di Fieramosca cambiato in pochi momenti da metter spavento, e l'attribuirono alla fatica ed all'angoscia dell'animo. Tentò la seconda volta di rizzarsi, ma le forze l'aveano abbandonato interamente, e ricadendo col capo in dietro sulla sedia disse con voce alterata: - Brancaleone! Inigo! io mi sento il maggior male ch'io avessi mai, e non sono da tanto che potessi alzar una penna, non che la spada: il tempo vola, e che cosa sarà di Ginevra? Potessi ritornar gagliardo un'ora!... e poi esser fatto in polvere... Vi prego, carissimi compagni, non tardate un momento... andate voi... neppur so dirvi dove... ma tornate a Barletta, cercate, liberate costei, trovatela in tutti i modi. Dio eterno! ch'io non possa far un passo per lei!... e volle riprovare, ma non gli fu possibile; e di nuovo pregò più caldamente i compagni che lo lasciassero, e corressero ad aiutar la donna; ed aggiunse tante istanze che coloro, conoscendo non esser tempo da perder in consigliarsi, promettendogli di tornar presto con qualche nuova, lo lasciarono; e, messisi in mare con egual prestezza, si dirizzarono alla città.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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