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      Il cielo, la terra erano sconvolti; tutto diverso, tutto pieno di tenebre e d'urli. Egli si spingeva per correr in San Pietro, e non poteva, ed ansava affannato: gli parve d'esser tenuto, guarḍ intorno: erano tutti coloro che aveva traditi, assassinati, avvelenati, e l'avean pe' capelli e per le carni, con un gridar lungo e disperato.
      Dopo, senza saper come, era in. San Pietro, in un caos inenarrabile, bujo, pieno di pianti, fra lo scuotersi delle mura, l'aprirsi delle tombe, il vagar delle larve; ed egli, sempre straziato dalle sue vittime che gridavan: "Giustizia di Dio!" pensava, questo è dunque il Giudizio che non volevo credere!.
      E tirava alla disperata per andar innanzi, e cercar rifugio presso al papa che vedeva in fondo sul suo trono fra una luce pallida e fioca. Ma l'impedivano di qua il fratello, duca di Candia, colle ferite aperte, che invece di sangue gemevano una linfa corrotta, e colla forma turpe e gonfia d'un cadavere imputridito sott'acqua, di là il duca di Biselli, e Astorre Manfredi, e donne, e fanciulli, che tutti piangendo stendevano le braccia al papa gridando giustizia e vendetta! Il papa era chiuso in un gran piviale nero col triregno in capo. Il viso grasso, vizzo, cascante d'Alessandro VI era giallo come quello di un cadavere; la sua figura si venne alzando lenta lenta, come rizzandosi in piedi, le grida e i pianti furono coperti da uno scroscio di risa infernali uscito dalla bocca del pontefice: "Cristo, la fede, i papi... tutte imposture" e questa ultima parola suoṇ sotto la volta della chiesa come un lungo ululato.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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