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      Di fatti alle ultime parole di D. Michele succedette un momento di silenzio, che bastò al giovane per eseguire un disperato proposito. S'alzò dal luogo ove stava, e passando accanto a D. Michele, il quale fece le viste d'averlo voluto trattenere e che gli fosse sfuggito di mano, si scagliò addosso al Valentino come una bestia arrabbiata, pensando valersi dell'ugne e dei denti per isbranarlo; ma il duca che era in sospetto si trovò pronto a riceverlo, e D. Michele aveva appena avuto tempo d'afferrar Pietraccio per le spalle, che già gli cadeva morto di mano, trafitto dal pugnaletto che portava il duca alla cintura, e che aveva saputo in quel momento usare con incredibil prestezza.
      La cosa era succeduta in modo tanto istantaneo che i remiganti si volsero al rumore quando già tutto era finito; e, rimasti così sospesi, videro il Valentino che, rimettendo la daghetta nel fodero e spingendo col piede il cadavere ancor palpitante, ordinava che fosse buttato in mare.
      - Pazzo, ribaldo! - esclamava D. Michele mostrandosi affannato pel pericolo corso dal duca: - eppure nessuno mi leverà dal capo non fosse costui altr'uomo da quel che mostrava... Lo trovai son pochi giorni nel fondo della torre qui del monastero, rinchiusovi con sua madre, ed eran stati presi ambedue dalla corte con una masnada d'assassini; la madre rimase morta per certe ferite che avea toccate nel difendersi, e prima di render lo spirito, diede al figlio una collana dicendogli non so che novella... ora sì mi ricordo... dicendogli, che l'avea avuta da un suo innamorato a Pisa.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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