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      Vide nel moversi don Garcia, e gli accennò che venisse anch'esso.
      Non volle ammettere che il duca fosse nel castello per non rompergli fede; ma riflettendo che quel giorno medesimo aveva tolto commiato, dicendogli volersi partir nella notte, gli pareva strano che avesse appunto scelto quell'ultimo momento per far tanto disordine. In ogni modo stabilì di chiarirsi: e fatti prender due lumi, cintasi la spada, s'avviò innanzi per un andito che riusciva su una scaletta a chiocciola, per la quale scesero aprendo due porticelle di ferro che ne chiudevan l'entrata. Rimaneva ad aprir un altr'uscio; si fermò Consalvo, e disse a voce bassa ai suoi che ivi l'aspettassero senza far romore, nè venissero se non chiamati. Poscia aperto, scese nelle camere del duca che trovò deserte, senza lume, e in grande scompiglio, qua una sedia, là una tavola rovesciata, presso al letto la lucerna caduta, e l'olio sparso sul pavimento; le stanze vicine, vuote. Chiamò allora i suoi, e stato un momento pensando, disse:
      - Per serbar fede ad un ribaldo non vorrei correr rischio d'oltraggiar chi è innocente. Sappiate dunque che il duca è stato per molti giorni in questa stanza. Domattina o stanotte voleva partirsi; di più non posso dirvi, poichè non so altro. Tutti siam persuasi che è capace d'ogni ribalderia; anche di questa potrebbe esser esso l'autore. Fate dunque ciò che vi par meglio, inseguitelo, se volete, ve ne do piena licenza; e voi, don Diego, prestate loro tutto quell'ajuto che si potrà.
      Ad Inigo venne tosto l'idea d'affacciarsi per vedere se si scorgesse ancora in mare qualche legno che potesse esser quello; ma a traverso i vetri non riuscendo a scorger nulla, per non perder tempo a sferrar que' gran finestroni, corse alla porticella che metteva su quel poco di lido sopraddetto e ch'egli conosceva avendo in pratica tutta la rôcca, ed uscito, vide la barchetta e nel fondo stesa una giovane che non conosceva, ma tosto pensò potesse esser Ginevra.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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