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      Dio mi chiamò; seguii la sua voce nell'amarezza da prima; ma poi, qual ricco compenso non m'ha accordato la divina bontà pel piccolo sacrificio? Qual tranquilla allegrezza di amare ed esser certi d'un contraccambio eterno ed immenso? Oh! credete a me, anima benedetta! che son uomo e peccatore più di voi; e ne sono stato alla prova: tutto è fiele, incertezza e tenebre, fuorchè amar Dio, servirlo, e sperare nelle sue misericordie.
      - Oh sì, - disse Ginevra interrompendolo, e dando in un pianto dirotto, - m'avete aperta la mente, e m'avete vinta: sì, perdono, e perdono con tutta l'anima, e ne darò prova. Venga colei; che la veda prima di morire, e l'abbracci; e vivano felici insieme, come spero che Dio avrà pietà di me nella vita avvenire.
      Cadde ginocchioni il frate accanto al lettuccio, ed alzando al cielo gli occhi e le mani disse: - Variis et miris nobis vocat nos Deus! Adoriamo l'opera della sua misericordia.
      E rimasto così un momento orando, s'alzò, benedisse ed assolse la giovane, poi riprese:
      - Dunque, veramente siete risolta a veder colei, e far quest'opera di paradiso?
      - Sì, padre; fate che venga: sento che ho bisogno di morir perdonando.
      - E Dio, ve lo dico in suo nome, già vi ha perdonato, già siete sua: questo santo proposito è il segno della vostra salute.
      S'avviava il frate per cercar di D. Elvira. Ginevra lo richiamò.
      - Una grazia, - disse, - mi resta a domandarvi, e non dovete negarmela, se volete che muoja in pace.
      Quando non ci sarò più, andate al campo francese, trovate mio marito (fra' soldati è chiamato Grajano d'Asti, ed è al soldo del duca di Nemours), e ditegli che alla mia ultim'ora ho domandato perdono a Dio, come lo domando a lui, se l'ho offeso: ditegli che, pel passo in cui mi trovo, gli giuro che l'anima mia uscendo di questa vita, è pura com'era quando mi ricevette da mio padre: che non maledica la mia memoria, e faccia dir una messa in suffragio dell'anima mia.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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