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      - Povero Arione mio, mangia, e fa buona cera fin che puoi, che non sei sicuro di dormir domani sera su questa lettiera... A tutt'altro fatto condurrei Boccanera, e non arrischierei la tua pelle; ma domani ho proprio bisogno d'averti sotto, che non mi metterai un piede in fallo, son certo. E poi, - seguitò sorridendo e prendendogli il muso fra le mani, sei italiano anche tu, anche tu devi portar la croce.
      Visto poi che tutto era in ordine, - Masuccio, disse volgendosi al suo scudiere, alle quattro lo farai bere, e poi orzo quanto glien'entra in corpo: alle cinque mi verrai ad armare.
      Dati questi ordini salì, e dopo pochi minuti avea spento il lume, e si trovava in letto col fermo proposito di riposarsi e dormire. Sulle prime gli parve di poter prender sonno; ma poi cominciò un pensiero, e un altro, e un altro, ed era in letto già da più ore senza che gli fosse riuscito di chiuder gli occhi un momento. Tutto il fatto di Ginevra, del quale s'era dato pace in parte sulla fede di Brancaleone, gli si mostrò nuovamente pieno di ombre e di sospetti: mille timori incerti gli s'affollarono sul cuore: che cosa sarà, pensava, tutto questo mistero? E non l'ho da sapere nè pur domani! Che Brancaleone mi volesse ingannare?
      Un momento persino fu per maledire in cuor suo la disfida; ma il pensiero venne respinto con isdegno prima che fosse interamente formato.
      - Oh! vergogna, vergogna, - disse alzandosi a sedere sul letto, - come può cadèrmi nell'animo tanta viltà!... Non son più quel d'una volta?


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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