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      Ginevra, io sto per montare a cavallo, e non so s'io n'abbia a scender vivo stasera. Se il Cielo ha disposto che debba esser altro di me, non dubito punto che dopo aver dato qualche lagrima a quello che sin da fanciullo ti fu con tanta fede amico e servo, tu non ti rallegri aver io incontrata una morte della quale non si poteva immaginare nè la più gloriosa nè la più bella. Sarai contenta goderti per amor mio la poca roba che ho di casa; sai che son libero e senza parenti prossimi. Solo ti raccomando, e non accaderanno per questo molte parole, il mio famiglio Masuccio, che dal giorno in cui all'Ofanto toccò quella ferita nella spalla, poco si può aiutare, e correrebbe rischio, ove tu non lo soccorressi, di dover accattar per Dio, e ne sarebbe poco onore alla mia memoria. Un'altra cosa mi rimane a dirti. Tuo marito è al soldo del duca di Nemours. Non ho più tempo: sento che in casa Colonna si sta per dar il segno: Dio ti guardi: ti raccomando anche Zoraide.
      ETTORE
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      Difatti si udiva il trombetta il quale, com'è loro uso, preparandosi per sonar la sveglia si metteva alle labbra la tromba ricavandone suoni brevi ed interrotti, come per prova. Un tal qual ronzìo, ed un rumoreggiar sordo che veniva dal terreno della casa e da quelle dei vicini, voci indistinte e passi d'uomini e di cavalli per le strade, indicavano che la maggior parte di coloro che dovevan essere attori o spettatori del fatto d'arme, avean principiato a mettersi in moto: in cielo però non si scorgeva ancora alcun principio di albeggiare; anzi una caligine oscura nascondeva le stelle, e condensava l'atmosfera.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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