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      Il cadavere fu la sera portato a Barletta, ma quando si volle seppellirlo nel sagrato, il popolo, levato a rumore, non lo permise. I becchini lo portarono al passo d'un torrente a due miglia dalla città, cavarono una fossa e ve lo chiusero. D'allora in poi quel luogo fu chiamato il Passo del traditore.
      Il signor Prospero prima di muoversi per uscir del campo, voltosi a Bajardo gli domandò se voleva sborsare il riscatto de' suoi. La millanteria di La Motta venne così scontata da Bajardo, il quale non rispose: ed i giudici decretarono che i prigioni dovessero seguire i loro vincitori a Barletta. Si avviarono a piedi, muti, sbalorditi, circondati da una folla immensa, e gl'Italiani li seguivano a cavallo, al suono degli stromenti, e fra le grida di: viva Italia, viva Colonna!
      Giunti alla rôcca, e saliti nella sala, i tredici guerrieri presentarono i dodici prigioni a Consalvo che gli aspettava in mezzo alla sua baronia. Il gran Capitano dopo aver molto lodato i vincitori, si volse ai Francesi e disse loro:
      - Non sarà mai ch'io voglia insultare alla mala fortuna d'uomini valorosi: l'arme son giornaliere, e chi è vinto oggi può vincer domani. Non vi dirò di rispettar d'or innanzi il valore italiano: dopo simili fatti le mie parole sarebbero superflue. Vi dirò bensì che impariate d'or innanzi ad onorare il valore e l'ardire ovunque si trova; ricordandovi, che Dio l'ha distribuito fra gli uomini, e non l'ha accordato come un privilegio alla vostra nazione: e che il vero coraggio è ornato dalla modestia, e vituperato dalla millanteria.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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