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      Vide in fondo ad una delle logge del cortile Vittoria Colonna, che, dopo essersi trovata presente all'accoglienza fatta da Consalvo ai tredici guerrieri, ritornava nelle sue camere, ed era presso ad entrarvi: onde messosi a correre, e chiamandola a nome, la fece volgere e fermarsi. Vittoria, cui eran venute all'orecchio parte delle vicende di Fieramosca, indovinò che cosa fosse per domandarle.
      Oh Dio! che rispondergli? pensò fra sè: ma non ebbe tempo a riflettere, che già Ettore le stava vicino. Avea l'armatura coperta di polvere, ed intaccata qua e là dai colpi ricevuti; sull'elmo una sola penna rotta, dell'altre non eran rimasti che i fusti; e la visiera alzata lasciava vedere il suo bel volto, affilato per la fatica, asperso di sudore, e pieno tutt'insieme d'allegrezza per la gloria ottenuta, e d'ansietà pel desiderio di ritrovar quella che dopo la morte di Grajano poteva finalmente dir sua.
      Siccome il cuor dell'uomo è inclinato a sperare o temere a seconda delle circostanze in cui si trova, lo scoramento, direi, la disperazione che aveva provato la notte e la mattina prima della battaglia, pensando ai casi di Ginevra, ora colla scossa fisica e morale ricevuta dal lungo combattere, colla ineffabil gioja dell'aver vinto, s'era mutata in una confidente speranza di trovarla sana e salva.
      - Madonna! - disse col respiro frequente che vien prodotto dal batticuore: - Dio vi rimuneri, e vi benedica; so tutto... che l'avete accolta, che le avete fatto tanto bene... poverina... e' bisognava.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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