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      Il mare andava ingrossando, e minacciava fortuna; gonfio e nel mezzo d'una tinta quasi nera, sulla sola cresta dell'onde si vedeano scorrere spruzzi bianchi e minuti: alla spiaggia poi i flutti alzandosi gradatamente finivano in una lama sottilissima, verde e trasparente, che veniva avanti simile ad un muro di vetro, finchè l'estremo lembo ravvolgendosi in se stesso cadeva con fragore e inondava di schiuma la ghiaja asciutta del lido.
      L'apparenza malinconica del tempo non poteva però in quel momento turbar d'un punto la felicità del giovane italiano. Misurava con occhio impaziente il tratto di strada che lo separava da S. Orsola, ed essendo la pioggia rasa e scoperta, poteva vederlo tutto. Si immaginava il piacere del primo apparir di Ginevra; se la vedeva venir incontro con quel suo volger d'occhi onesto, con quel moversi leggiadro e tutto grazia. Sperava poter giunger il primo a darle nuova della vittoria, e solo si travagliava considerando in qual più convenevol modo avesse a farle conoscere che ella oramai potea disporre della sua mano.
      A due tiri d'archibugio dalla torre, il vento di levante che lo feriva in viso avea portata più vicina la bufera: larghi goccioloni venivano di traverso e percuotendo sulla corazza rimbalzavano in ispruzzi; spesseggiano, divengono a poco a poco minuti e fitti. Succede un colpo di tuono, pel quale sembra siasi levata in cielo una cateratta, e comincia un rovescio d'acqua che lava Fieramosca da capo a piedi benchè lo cogliesse a pochi passi dalla torre.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





S. Orsola Ginevra Fieramosca