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      Quando però lo seppe Fra Mariano, e venne a confrontar l'epoche, pensò invece potesse esser stato Ettore, che fuor di sè, spinto il cavallo in luoghi difficilissimi, alla fine fosse caduto con esso in qualche ignoto precipizio, e forse anche nel mare.
      Nel mille seicento sedici, essendo rimasto a secco un tratto di una scogliera sotto il Gargano, ad un pescatore venne veduto incastrato fra due pietroni un ammasso di ferraglie quasi interamente rose dal salso marino e dalla ruggine, e vi trovò fra mezzo ossa umane, e il carcame di un cavallo.
      Ora il Lettore pensi ciò che gli par meglio, che la nostra storia è finita.
      Credere ch'ella possa venir bene accolta per i suoi meriti sarebbe vana e ridicola lusinga; ma stimiamo ci sia lecito sperare che gl'Italiani accettino con amorevole indulgenza il buon volere di chi ricorda loro un fatto che tanto gli onora. Per far vieppiù risplendere il valore de' vincitori non ci siam creduto lecito introdurre circostanze a carico dei vinti, che si scoprissero false leggendo le storie di Giovio, di Guicciardini e degli altri scrittori che parlano di questo fatto. Non era nostro scopo far ingiuria al valor de' Francesi, che siamo i primi a riconoscere ed a lodare; ma soltanto render noto quello che mostrarono gl'Italiani; e non avevam bisogno d'alterar la storia, dalla quale ci vien resa piena giustizia. A questo proposito ci sia lecito dichiarare quanto da noi si stimi sciaurata contesa quella che accende gli uomini delle diverse nazioni a rinfacciarsi a vicenda, e spesso ajutandosi con menzogne, le loro onte ed i loro delitti: e quanto all'opposto si reputi degno ufficio di chi vuole il bene dell'umanità, con quella legge d'amore e di giustizia proclamata dal Vangelo, il porre un piede su queste faville d'odj pur troppo lunghi e micidiali.


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Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta
(Racconto)
di Massimo d'Azeglio
Borroni e Scotti
1856 pagine 322

   





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