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      Eran morti nove, feriti due, salvi pochi di quelle vittime. Questi son sangui che a nostra etá parrebbon dover sollevar milioni; ma non è vero, né per allora né per adesso. Non se ne accrebbe la guerra: le cittá imperiali rimasero imperiali, e le vicine rabbiosamente invide delle vicine; tantoché, quando la dissanguata Crema si pose a discrezione [26 gennaio 1160] dello straniero inferocito, non chiese grazia che d'esser salva dalla ferocia della vicina Cremona: ma nol fu; ché usciti i cittadini, predata ed incendiata la cittá, i cremonesi si tolser essi il carico di abbattere i resti, d'appianare il suolo. Noi vedemmo, due secoli addietro, invidie di principi e marchesi; un secolo addietro, invidie di signori minori e d'ecclesiastici; ora, appena libere le cittá, incominciano i secoli, anche piú lunghi, delle invidie cittadine. Sempre invidie in Italia, sempre il vizio di odiar la grandezza nazionale piú che la straniera, il vizio, il piacer servile di ribattere i ferri a' conservi. - Intanto Crema, la generosa cittaduzza, avea, sagrificando se stessa, consunte le forze, e, che era piú allora, il tempo dell'imperatore. Questi dovette lasciar tornare a casa i feudatari, sciogliersi l'esercito, ridursi lui a guerra, a zuffe contro a' milanesi; e ne fu battuto due volte a Cassano e Balchignano. Ed intanto sorgeva nuovo e grande aiuto morale a' milanesi. Morto papa Adriano, giá piú e piú guastato coll'imperatore [1159], erangli stati eletti due successori: papa Alessandro III da tutti i cardinali, salvo tre; Vittore IV antipapa, uno dei tre, dagli altri due.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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