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      Il quale tuttavia è il secolo di Dante (nato l'anno appunto della discesa di Carlo, 1265) e di Petrarca, Boccaccio, e Giotto e Arnolfo di Lapo e Nicolò Pisano, il secolo in che piú progredirono a un tratto la lingua, le lettere, le arti nostre. Tanto a tutte le colture generalmente, alle lettere principalmente, valgono l'indipendenza anche incompiuta, la libertá anche coi suoi inconvenienti ed abusi ed eccessi.
      19. Re Carlo I d'Angiò [1268-1285]. - Morto Corradino, trionfò parte guelfa. Morto Clemente IV un mese dopo, e non succeduto nessun papa quasi per tre anni, re Carlo rimase solo capo della parte trionfatrice, capo straniero della parte nazionale, che fu il seme di tutti i danni. In Toscana, in Lombardia, in Piemonte le cittá si rifacevan guelfe, e le piú facevan Carlo capo di lor vari governi, di lor signorie, signore. Firenze era stata delle prime (fin dal 1266); e perseverò poi guelfa sempre, non ultima causa di sua grandezza, di sua coltura; l'ispirazione nazionale è somma delle ispirazioni. In Lombardia, i due grandi capi ghibellini Oberto Pelavicino e Buoso di Doara finirono, quegli poco piú che signor privato di castella, questi spoglio del tutto. Se Carlo si fosse contentato d'Italia, egli l'aveva allora. Ma fu dapprima distratto da quella crociata ch'ei fece col fratello san Luigi in Africa, dove questi morí [1270]; e sempre poi dal disegno di riconquistar l'imperio greco. E fosse leggerezza naturale o perché le menti ristrette non sanno attendere a un tempo alle cose presenti e alle ulteriori, fu meravigliosa la noncuranza con che egli e i suoi francesi malcontentarono i regnicoli, gl'italiani tutti, gli stessi guelfi.


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Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni: sommario
di Cesare Balbo
pagine 750

   





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